The system, Justice, History

CONOSCERE PER DELIBERARE: NON UNA REVISIONE GIUDIZIARIA, MA UN RACCONTO NECESSARIO DEL SISTEMA

di Luca Rinaldi e Lorenzo Bagnoli

 

«Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare». La più nota delle Prediche inutili di Luigi Einaudi ci mette davanti al perché di questo progetto. La conoscenza è alla base di una qualsiasi discussione e di una successiva presa di decisione, sia questa giudiziaria, politica o di opinione. Ebbene, il caso OPL245 ci mette davanti proprio alla necessità di comprendere, discutere e deliberare avendo accesso a una intera collezione di documenti per formarsi un’opinione su un episodio controverso della nostra epoca.

 

Un episodio, quello della presunta maxi-tangente di un miliardo di dollari che Eni e Shell avrebbero elargito per aggiudicarsi il blocco petrolifero nigeriano OPL245, che ci mette davanti a ulteriori dilemmi su cui non si possono mettere pietre: sui concetti di verità giudiziaria e verità storica, ammesso che vi siano “verità” e su cosa sia letteralmente “Giustizia” in un caso come questo.

 

Nel dirimere la prima questione chi scrive sa bene, come chiunque onestamente voglia affrontare questa dicotomia netta nella forma, ma molto più sfumata nella sostanza, che le due cose spesso prendono strade differenti. Ciò non significa affatto che la sentenza emessa in questo specifico procedimento sia da mettere in discussione nei suoi presupposti giuridici. Pubblici ministeri, difese e Corte giudicante si sono confrontate, e affrontate, per oltre due anni con una imputazione, quella di corruzione internazionale, dai contorni complessi e forse inattuali.

 

La stessa Eni rispondendo alle domande che nel corso di questo progetto abbiamo posto, per consentire all’azienda di esprimere le proprie posizioni, cerca di farsi contemporaneamente giudice e storica. Prima dando per assodato che una sentenza di primo grado abbia messo la parole “fine” alla vicenda giudiziaria, «rendendo sostanzialmente inutile – scrivono nella loro replica – l’appello proposto dalla procura di Milano» e poi rivelandoci di «faticare» a trovare l’interesse giornalistico del progetto stesso.

 

Per chi ha seguito lo stesso processo, come chi scrive, ha trovato scelte a tratti illogiche tanto nell’impostazione dell’accusa, quanto in alcune difese. E molto ci sarebbe da discutere sul senso stesso che parti della magistratura conferiscono al proprio lavoro: uomini che esercitano l’azione penale (o civile) codice alla mano o più cercatori di “verità”, storici e sociologi? Non sarà questa la sede per discuterne o stabilirlo, ma anche l’attualità suggerisce che il momento è propizio per affrontare il discorso, e non solo nel parlamentino dei magistrati. 

 

Al contrario però non si può sottovalutare come l’indagine abbia potuto riprendere in presa diretta l’incedere di affari e negoziazioni attorno a un settore in cui sarebbe ipocrita non riconoscere un certo modo di fare affari in contesti certo difficili e complessi, ma a cui non si può ostinatamente riconoscere pulizia. Del resto è ancora famoso lo scambio tra lo stesso Enrico Mattei, presidente dell’Eni dal 1953 al 1962 e il suo collaboratore Giuseppe Ratti: «Presidente, è arrivato un telegramma per lei”. “Da dove viene?”. “Da un Paese di merda”. “Bene! Allora lì c’è il petrolio”».

 

L’accesso alla mole documentale raccolta durante le indagini e il processo permettono all’opinione pubblica di formarsi un convincimento sul funzionamento di un sistema intero, le cui condotto non devono necessariamente portarci a stabilire una censura penale, ma anche solo a una conoscenza per deliberare sui fatti e sugli impatti che una determinata industria può avere sulle popolazioni locali. E questo di chi è compito se non dei giornalisti come chi scrive? Un lavoro necessario per l’informazione, i cittadini, ma anche la politica, in particolare quella con la P maiuscola che si occupi soprattutto di “politiche”.

 

La vicenda OPL245 resta controversa. Non si esaurisce con il procedimento penale italiano, perché nel mondo sono aperti procedimenti civili e amministrativi che riguardano le medesime vicende e in cui transazioni, mediazioni e risarcimenti si definiscono da alcuni anni, con tanto di somme recuperate e restituite a Paesi, governi ed entità che sostenevano di averci rimesso.

 

Recuperando quindi la predica inutile di Einaudi siamo convinti che l’importanza di questo progetto non stia in una volontà di revisione di un processo penale chiuso favorevolmente agli imputati (la Giustizia funziona proprio perché ci sono condanne e assoluzioni, altrimenti sarebbe giustizia sommaria), ma nella possibilità di conoscere per deliberare che ogni singolo cittadino può e deve esercitare.