Vincenzo Armanna

Info:
  • Dipendente Eni fino al 2013, project leader nel corso delle trattative di Eni con Malabu e con il governo nigeriano
  • Born on 27 Febbraio 1972
  • Italiana  nationality
Note:

Esperto di oil and gas e di contrattazione. Ha depositato delle dichiarazioni spontanee in cui ha accusato Eni di corruzione internazionale.

Le sue dichiarazioni sono state ritenute false e manipolatorie dal tribunale di Milano. Assolto perché il fatto non sussiste.

«Sono sposato, ho tre figli: 14, 12 e 5 anni, e lavoro essenzialmente per una società saudita, si chiama Taj Holding, lavoro nel settore dei trasporti e della logistica, quindi seguo alcuni degli appalti più grossi che questa società ha in Arabia Saudita». Si è presentato così Vincenzo Armanna, imputato e al contempo grande accusatore di Eni, società per la quale ha lavorato fino al 2013. 

Dai suoi interrogatori la pubblica accusa avrebbe dovuto trovare conferme alle proprie ipotesi. Invece, alla fine, il Tribunale afferma che «l’imputato non è attendibile», ha avuto  un «atteggiamento ondivago» e le sue dichiarazioni «sono risultate grossolanamente false». «Il suo atteggiamento opportunista rivela una personalità ambigua, capace di strumentalizzare il proprio ruolo processuale a fini di personale profitto e, in ultima analisi, denota un’inattendibilità intrinseca».

Entrato in Eni alla fine del 2006 come advisor per il settore approvvigionamenti, Vincenzo Armanna si è occupato di riscrivere alcune procedure dell’azienda e dell’esecuzione di revisioni in Paesi “un po’ particolari” («c’erano dei contratti non registrati, non catalogati, che avevano dato luogo a delle uscite dalla società non giustificate») come l’Iran. 

Poi nel 2009, ha dichiarato in aula nel corso del processo, «entro come Vice President dell’area sub sahariana sotto il Dottor Casula (Roberto, altro coimputato nel processo Opl 245, assolto in primo grado con formula piena come Vincenzo Armanna e gli altri coimputati)». Tra le sue mansioni, c’era quella di seguire l’evoluzione delle leggi in materia di licenze petrolifere in Nigeria. A fronte di questa sua competenza, nell’operazione per aggiudicarsi la licenza Opl 245 Eni gli aveva affidato il ruolo di «project leader» che secondo le direttive interne, ricordate in udienza da Armanna, è «colui su cui vengono accentrate tutte le comunicazioni: tutte le comunicazioni arrivavano a me, e la mia responsabilità è che tutti i componenti del gruppo e tutte le parti coinvolte nel progetto fossero informate». Secondo la ricostruzione di Armanna, Eni aveva estremo bisogno della licenza Opl 245 date le condizioni di crisi in cui versava la propria controllata nigeriana e la qualità del giacimento. 

Nel maggio 2013, ha raccontato, «Eni mi contestò 380.000 euro di furti» ed è stato per questo allontanato dall’azienda, con una buonuscita da 400 mila euro. Il 30 luglio 2014, due mesi prima di ricevere l’informazione di garanzia (il documento giudiziario che informa una persona di essere indagato, ndr), si è presentato spontaneamente presso la Procura della Repubblica di Milano per fare una dichiarazione spontanea «nella quale afferma che la commissione per Obi era in realtà una retrocessione di denaro agli italiani e che tutti i dirigenti di Eni erano consapevoli che una parte della somma pagata sarebbe andata “a beneficio degli sponsor politici dell ‘operazione”», sintetizza il Tribunale nella sentenza di primo grado. Eppure, ricorda sempre il tribunale, dopo le uscite pubbliche dell’amministratore delegato Claudio Descalzi, in cui quest’ultimo si diceva estraneo ai fatti contestati, Armanna ha rilasciato altre interviste in cui «precisa che i dirigenti Eni non avevano mai avuto la certezza che una quota di denaro Eni andasse a beneficio degli sponsor politici nigeriani. La destinazione del denaro ai politici, infatti, “non era una certezza ma un’ipotesi e un sospetto”». 

Quella che all’inizio è un’ipotesi, con il prosieguo del procedimento penale è divenuta per Armanna una certezza. Secondo le motivazioni del tribunale, l’ex impiegato sembra abbia voluto ricattare Eni o per rientrare in azienda, oppure per aggiudicarsi qualche lavoro collaterale a Opl 245. 

Il tribunale evidenzia un conflitto con l’ex superiore Roberto Casula e di conseguenza con Ciro Antonio Pagano, numero uno della società nigeriana di Eni, entrambi coimputati (assolti in primo grado con formula piena). La vicenda è posteriore alla trattativa per Opl 245: ormai allontanato da Eni, Armanna stava lavorando in qualità di consulente per una società interessata a dei blocchi petroliferi marginali «dell’Eni». Armanna però sapeva che, finché ci sarebbe stato Casula, a essere prediletta nelle gare competitive sarebbe stata un’altra società, la Oando. 

Sempre secondo la lettura del tribunale, «l’unico indizio grave nei confronti dell’imputato (Armanna, ndr) non deriva dalle sue generiche ed inattendibili dichiarazioni, bensì dal suo coinvolgimento, retribuito a titolo privato con oltre un milione di dollari, nella fase successiva al pagamento del prezzo da parte delle compagnie petrolifere». Si tratta di due bonifici, il primo da 200 mila dollari, il secondo da un milione di dollari, che l’imputato ha ricevuto con la causale «eredità Armanna» nel maggio del 2012 (un anno prima dell’allontanamento di Armanni da Eni). 

Ordinante era un altro ex ministro nigeriano, Christopher Bayo Ojo: nel 2006 in qualità di ministro della Giustizia è stato lui ad assegnare definitivamente la licenza petrolifera Opl 245 alla Malabu. Da semplice avvocato, invece, ha curato una consulenza legale a Dan Etete: è il documento in cui si stabilisce che il governo nigeriano avrebbe versato a Malabu Oil & Gas i circa 1,1 miliardi di dollari che Eni avrebbe pagato per diventare comproprietaria insieme a Shell (che già aveva investito nel giacimento) di Opl 245. 

Dan Etete ha pagato per la consulenza dell’avvocato Bayo Ojo oltre dieci milioni di dollari. Il denaro trasferito al legale proviene dal versamento che Malabu ha fatto in favore della Rocky Top Resources, società che era nella disponibilità di Etete (era sua la firma depositata presso la banca dove Rocky Top aveva un conto corrente). Di questi dieci milioni, 1,2 sono stati stornati a Vincenzo Armanna, con la causale dell’eredità per il padre da poco scomparso. Giuseppe Armanna aveva dei beni immobiliari in Kenya e attività insieme a un vecchio compagno di università, Alberto Soprani. Da questa eredità derivano, secondo Armanna, i 200 mila dollari. Il milione, invece, è frutto di un’attività condotta da Armanna insieme allo stesso ex ministro Bayo Ojo: una vendita di oro nel Delta del Niger. Una storia «improbabile», la giudica il Tribunale, a cercare di giustificare una causale falsa. A copertura di cosa, però, non è chiaro. 

Sentito da IrpiMedia per una replica, Armanna smentisce la ricostruzione del tribunale di un suo ricatto nei confronti di Eni. L’ex manager di Eni, una volta allontanato dall’azienda italiana, ha continuato a lavorare in Africa cercando di tutelare i suoi interessi, non di rientrare in azienda. 

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Allegati della memoria dei pm. Alla pagina 470 si trova il mandato legale che Malabu Oil and Gas affida all’ex ministro della Giustizia Christopher Bayo Ojo. A pagina 550 c’è lo scambio di email tra Armanna e Bayo Ojo.

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