Nigeria contro JP Morgan, un processo da 875 milioni di dollari

9 Settembre 2021
Characters involved: Mohammed Adoke Bello Aliyu Abubakar Dan Etete

Il processo comincerà a Londra nel 2022: la Nigeria contesta alla banca l’autorizzazione di diversi pagamenti verso Malabu, nonostante i sospetti circa la natura delle operazioni. Ruolo chiave nell’approvazione lo gioca il discusso ex ministro Adoke Bello.

di Lorenzo Bagnoli

Editing: Luca Rinaldi

A febbraio del 2022 comincerà la prossima saga giudiziaria europea collegata al pagamento della licenza Opl 245. Durerà sei settimane e avrà luogo presso la sezione commerciale della Corte suprema di Londra, dove la Repubblica federale della Nigeria contesta all’ufficio londinese di JP Morgan Chase di aver effettuato dal conto a suo nome alcune transizioni dal valore complessivo di 875 milioni di dollari tra il 2011 e il 2013. Destinataria dei pagamenti in Nigeria era la Malabu Oil & Gas. Gli avvocati del Paese africano ritengono che la banca abbia approvato i pagamenti nonostante fosse consapevole dell’impiego dubbio dei soldi. «I pagamenti richiesti – scrivono i legali nigeriani – erano parte di uno schema corruttivo attraverso il quale il governo nigeriano sarebbe stato derubato». L’azione civile insiste sull’omesso controllo che sarebbe stato commesso da JP Morgan ai danni della Nigeria.

 

La pena richiesta per la banca è la restituzione degli 875 milioni di dollari al Paese africano. «Nel periodo da settembre 2008 ad agosto 2013, l’imputato (JP Morgan, ndr) è venuto a conoscenza di fatti e questioni che avrebbero indotto un banchiere ragionevole e onesto a ritenere che esistesse una reale possibilità che il querelante (la Repubblica federale della Nigeria, ndr) fosse stato truffato, e quindi [avrebbe dovuto] astenersi dall’effettuare il pagamento». Il procedimento contro JP Morgan è stato intentato dalla Nigeria nel 2017.

 

L’istituto di credito nel 2018 aveva chiesto un giudizio abbreviato oppure l’archiviazione, ma i giudici della Corte d’appello londinese a maggio 2021 hanno deciso per il rinvio a giudizio: «La banca imputata non è stata in grado di dimostrare che il ricorrente (la Repubblica federale della Nigeria, ndr) non ha possibilità di successo», ha dichiarato il giudice Andrew Burrows.

 

Dato che il procedimento in Gran Bretagna non riguarda il reato di corruzione internazionale ma è una disputa civile, prosegue senza essere intaccato dall’assoluzione con formula piena che gli imputati del processo Opl 245 hanno ottenuto in primo grado a Milano. Il verdetto d’appello, richiesto dalla procura meneghina e dalla Nigeria, parte civile nello stesso processo, è atteso nel 2022.

L’accordo risolutivo di aprile 2011

I negoziati per l’acquisizione (senza gara) della licenza decennale di prospicienza petrolifera Opl 245 valida per i giacimenti offshore di Zabazaba ed Etan, a largo delle coste della Nigeria, si è chiusa il 29 aprile 2011 con la firma di un accordo di risoluzione tra Eni, Shell e il governo nigeriano.

 

Quell’accordo dell’aprile 2011 – il “FGN Resolution Agreement”, l’accordo di risoluzione con il governo nigeriano – ha sbloccato automaticamente il pagamento di 1,092 miliardi di dollari, di cui 112 milioni di dollari provenienti da Shell e 980 milioni di dollari da Eni, in favore della Repubblica federale della Nigeria. In questo modo, Eni e Shell sono diventate proprietarie, ciascuna al 50%, della licenza esplorativa, scaduta a maggio 2021, acquisendola da Malabu, società alla quale il governo nigeriano aveva riconosciuto la piena titolarità della licenza a luglio del 2010. Shell ha pagato meno di Eni in quanto aveva già investito circa 535 milioni di dollari per lo sviluppo del giacimento, durante le fasi precedenti in cui era stata proprietaria della licenza. «Nel luglio 2018 – precisa l’ufficio stampa dell’azienda petrolifera italiana – Eni presentava (secondo i tempi prescritti e nel pieno rispetto di tutti i termini di licenza) la richiesta di conversione alle autorità nigeriane di conversione della licenza da “esplorativa” a “mineraria”». Il 14 settembre 2019, continua la nota, Eni ha iniziato un processo arbitrale presso la Centro internazionale per il regolamento delle controversie relative a investimenti (ICSID) di Washington, Stati Uniti: la società petrolifera di San Donato milanese contesta un comportamento abusivo del governo della Nigeria, il quale non ha tenuto bloccata la richiesta della licenza, senza nemmeno bocciarla. Di fatto, dice Eni, il governo ha impedito «lo sviluppo e la conseguente messa in produzione della licenza».

 

Il resolution agreement prevede che NAE, la controllata nigeriana di Eni, entri in un vecchio escrow agreement (accordo di garanzia) tra SNUD, una delle controllate di Shell, e il governo nigeriano: il deposito a garanzia numero 2. JP Morgan, scelta da Shell, è la banca dove sia le compagnie petrolifere, sia il governo nigeriano hanno il loro conto deposito. La banca svolge il ruolo di garante terza del pagamento: schemi del genere sono molto utilizzati nei contratti internazionali, dove la presenza di giurisdizioni differenti potrebbe rendere più difficile risolvere contenziosi.

I soldi da Londra alla Nigeria

Il problema principale, però, era trovare il modo di compensare Malabu per la cessione della licenza Opl 245. Il pagamento è previsto ma al di fuori del resolution agreement, dove la società tanto discussa non è nominata tra le parti che si accordano. Tuttavia era già stato stabilito con il governo che un pagamento a suo favore ci sarebbe stato. Affinché il denaro arrivasse a destinazione, a dicembre 2010 la società nigeriana aveva stipulato il primo accordo di garanzia con la società di diritto canadese Petrol Service Co. Ltd. Quest’ultima avrebbe dovuto fare da garante terzo per il denaro che NAE doveva versare a Malabu.

 

Proprietario della Petrol Service Co. Ltd, chiusa poi a pochi mesi di distanza, era il vice console onorario dell’Italia a Port Harcourt, Gianfranco Falcioni. L’accordo di dicembre 2010 è stato poi corretto il 19 aprile 2011: lo schema era stato infatti messo in discussione da una nuova causa in Nigeria circa la reale proprietà di Malabu, causa che non si è ancora chiusa. Nel lasso di tempo tra le due versioni dell’accordo di garanzia ci sono stati serrati negoziati in cui le compagnie petrolifere hanno discusso direttamente con il ministro della giustizia dell’epoca, Mohammed Adoke Bello, uno degli artefici dell’accordo conclusivo.

 

Tra il 24 e il 25 maggio 2011 i soldi sono finalmente arrivati al conto dello Stato nigeriano acceso presso la banca JP Morgan. Lo stesso 25 maggio il ministro delle finanze nigeriano dell’epoca ha disposto che l’intera cifra – 1,092 miliardi di dollari – venisse girata alla Malabu attraverso la Petrol Service. Quest’ultima si appoggiava alla Banca Svizzera Italiana, mentre Malabu avrebbe incassato su un conto della banca libanese Misr Liban Sarl.

 

Il trasferimento di competenza della Banca Svizzera Italiana è stato rigettato perché la stessa banca temeva che il beneficiario ultimo dell’operazione fosse il pregiudicato Dan Etete. La condanna per riciclaggio del 2006 stabilita da una corte francese lo rendeva un soggetto con il quale la banca non poteva trattare in osservanza al proprio regolamento antiriciclaggio. Stesso esito quando il 4 agosto 2011 801 milioni di dollari – i denari liberi da contenziosi giudiziari – sono stati indirizzati direttamente al conto libanese di Malabu, senza passare dal garante Petrol Service. Anche in questo caso sono scattate le allerte dell’antiriciclaggio.

 

Sempre il 4 agosto 2011, a seguito della pubblicazione di un ordine di sequestro globale emesso dal giudice inglese Griffith Williams, sono stati congelati dalle autorità inglesi 215 milioni di dollari sugli 1,092 miliardi su richiesta di uno degli intermediari della trattativa, Emeka Obi. Si trattava della sua parcella per la consulenza a Malabu, reclamava Obi.

 

Il 16 agosto 2011 il ministro del Tesoro nigeriano dell’epoca ha poi chiesto a JP Morgan di versare 401 mila dollari a un conto della First Bank of Nigeria e altri 400 mila dollari a un conto della Keystone Bank Nigeria. Entrambi erano intestati alla Malabu Oil and Gas. Nell’ipotesi perseguita dalla pubblica accusa a Milano, entrambi sono riconducibili solo a Dan Etete, mentre il tribunale, nelle motivazioni, sostiene che una spiegazione possibile della “scissione” sia dovuta al fatto che una parte è destinata ad altri soci della società nigeriana, riconducibili all’ex dittatore Sani Abacha. Questo schema porterà, il 24 agosto 2011, 801 milioni di dollari da Londra alla Nigeria.

 

Il fiume di trasferimenti, però, non è ancora concluso. Altri 74 milioni di dollari sono stati recapitati al conto Keystone di Malabu solo il 30 agosto 2013. È infatti in quel momento che si è chiuso in via definitiva il contenzioso giudiziario tra una società che ha fatto da consulente a Energy Venture Partners (Evp) – questa, come detto, aveva già invocato il congelamento di 215 milioni di dollari a Londra – e Malabu. Questo ulteriore congelamento era stato disposto negli Stati Uniti. Nel 2014, sorprendentemente, il giudice inglese ragione a Obi e gli riconosce una parcella di 110 milioni di dollari, che l’intermediario sposta subito in Svizzera. Ma a quel punto interviene la Procura di Milano e con due rogatorie internazionali blocca la rimanenza dei soldi su Londra e quelli ricevuti da Obi. Alla fine, a seguito della sentenza di assoluzione in appello dello scorso giugno, è possibile che i due intermediari giudicati in abbreviato, Emeka Obi e Gianluca Di Nardo, ottengano un definitivo scongelamento dei loro beni.

Le contestazioni della Nigeria e il ruolo di Mohammed Adoke Bello

Secondo la Nigeria, la normale prassi di “Know your client” (KYC) – una verifica dei requisiti di idoneità dei propri clienti, in gergo la cosiddetta “adeguata verifica” della clientela – è stata almeno parzialmente effettuata dopo che i primi pagamenti erano già stati effettuati. A questo si aggiungono altre contestazioni proprio in merito all’intestazione del deposito. JP Morgan infatti ha intestato il deposito al governo della Nigeria, quando invece è lo Stato il vero titolare. I documenti a cui si riferisce il governo nigeriano nella sua causa non fanno parte del fascicolo del processo milanese di Opl 245 perché trasmessi, si legge nelle motivazioni della sentenza di primo grado, «al di fuori di ogni procedura di rogatoria dall’autorità della Gran Bretagna a soli fini investigativi».

 

Sono state invece depositate a processo le segnalazioni di operazione sospetta (Sar), sei tra il giugno del 2011 e l’agosto del 2013. Le Sar sono segnalazioni di operazioni che presentano profili di rischio che un professionista che intermedia pagamenti – come ad esempio una banca – è costretto a condividere con l’ufficio che si occupa di riciclaggio nel proprio Paese. Nel caso della Gran Bretagna, l’agenzia preposta è la Soca, che si occupa di criminalità organizzata. A seguito del primo diniego del trasferimento bancario verso Petrol Service (31 maggio 2011), JP Morgan si è rivolta alla Soca per chiedere l’autorizzazione a effettuare il pagamento per sei volte e sei volte ha ricevuto il via libera. Sebbene questo significhi, in sostanza, che JP Morgan non ha commesso reati di riciclaggio secondo la legge inglese, la banca resta passibile di sanzioni o condanne per altri reati, come ad esempio la corruzione internazionale, nel caso in cui venisse accertato. JP Morgan in effetti non è sottoposta a procedimenti penali, non è accusata di aver commesso corruzione o riciclaggio e la sola pendenza che ha in corso è quella civile con il governo della Nigeria.

 

Nell’udienza del 20 gennaio 2021 a Milano il procuratore Fabio De Pasquale ha ottenuto il deposito due email. La prima, del 23 giugno 2011, è tra due manager di JP Morgan. Secondo quanto si legge nello scambio, lo scopo è «ricontrollare i rischi legali se andassimo avanti con il pagamento come richiesto». Dal punto di vista del pubblico ministero, è importante in quanto dimostrerebbe una certa preoccupazione per le possibili conseguenze dell’approvazione del pagamento. La seconda email è precedente di due giorni: 21 giugno 2011. L’indirizzo del mittente è agrouproperties@yahoo.com. A Group properties Ltd è anche il nome di una società nigeriana riconducibile all’imprenditore nigeriano Aliyu Abubakar che ha ricevuto 157mila dollari da Malabu, la cui posizione è ancora pendente a Milano. Destinatario è un manager di JP Morgan. Oggetto: «Blocco 245 Malabu accordo di risoluzione». Nel corpo della mail si legge: «Gentile signore, in allegato trova il documento per sua informazione e azione, se necessaria». In calce la firma è di Mohammed Adoke Bello, che in quella data non era ancora stato confermato ministro della giustizia, e quindi non era un pubblico ufficiale. Dal punto di vista della procura è un altro elemento importante in quanto dimostra la vicinanza Adoke-Aliyu e il fatto che Adoke avesse passato dei documenti a JP Morgan da un’email riconducibile al gruppo dell’imprenditore imputato.

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17.1 - Mail shell su bsi fonte jp morgan.pdf

Email del 6 giugno 2011 in cui il manager di Shell German Burmeister informa i superiori del fatto che BSI ha rifiutato il pagamento per Malabu Oil and Gas

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Doc. bancari JPMC_Parte1.pdf

Il deposito a garanzia aperto dalla Repubblica federale della Nigeria presso JP Morgan

Cartella

DEPOSITO SOCA 13.05.19

Cartella con i documenti del SOCA inglese

PDF

Prod. doc PM ud. 20.1.2021 (OEI UK).pdf

File contenente la comunicazione interna dei manager di JP Morgan del 23 giugno 2011 e la mail del ministro della giustizia Adoke Bello per chiedere di effettuare il pagamento a Malabu

characters involved

Mohammed Adoke Bello
  • Role Ministro della Giustizia in Nigeria tra il 2010 e il 2015, sotto il governo di Goodluck Jonathan
  • Born on 1 Settembre 1952
  • nigeriana  nationality

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Aliyu Abubakar
  • Role Imprenditore con molte amicizie nella politica nigeriana
  • Nigeriana  nationality

Aliyu Abubakar è un imprenditore nigeriano con interessi in vari settori, di cui i principali sono l’immobiliare e il petrolifero. Ha distribuito in Nigeria parte dei soldi della licenza Opl 245 che Eni e Shell hanno trasferito al conto corrente del governo federale nigeriano acceso presso la banca JP Morgan… Read More

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Dan Etete
  • Role Ex ministro del Petrolio, socio di Malabu Oil and Gas
  • Born on 10 Gennaio 1945
  • Nigeriana  nationality

Dan Etete è stato ministro del Petrolio della Nigeria sotto la dittatura di Sani Abacha, fino al 1998. Lo chiamano chief, capo, una carica che assumono funzionari all’interno delle comunità tradizionali nigeriane. Sono posti di potere riconosciuti dallo Stato. Etete appartiene al popolo Ijaw, gruppo che abita nelle regioni del… Read More

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